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La femminilità nel Taoismo

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LA FEMMINILITA’ NEL TAOISMO

Yvonne Mollard, Federico Canavesi 

 

…il femminile fa parte dell’uomo come sua

femminilità inconscia, ciò che io ho designato

con il termine Anima.

C.G.Jung

Riassunto :  gli autori si propongono di ritrovare, nel corpo e nella fisiologia maschile, una eco del femminile; un ricordo di quanto, nell’evoluzione fisica, emotiva e spirituale di ogni essere umano, ci rimanda ad una origine comune per Uomini e Donne.

Summary :  the autors try to hear, in male’s body and phisiology, an echo of feminine; a memory of wich, in the phisical, psychological and spiritual evolution of every uman being, sends us to a common origin for Men and Women.

Parole chiave :  maschile, femminile, utero.

Key Words :  masculine, feminine, uterus.

 

IL FEMMINILE NELL’UOMO

 

Nel nostro tentativo di ritrovare una traccia, un’eco del femminile nell’uomo (nel maschio), premessa fondamentale necessaria è la definizione di ciò che possiamo intendere per maschile e femminile, sia dal punto di vista della medicina e della cultura convenzionali occidentali, che in riferimento alla tradizione cinese; passaggio successivo sarà riflettere sulla relazione tra il “maschile” ed il “femminile” in ogni individuo.

 

Definire Maschile e Femminile

Molto chiaro e da tutti accettato è il concetto di identità sessuale per la medicina convenzionale: il sesso, in ogni individuo, è determinato dai cromosomi sessuali. La femmina possiede due cromosomi X in ogni nucleo di cellula somatica, il maschio ha invece un cromosoma X ed uno Y; solo nel maschio dunque i cromosomi sessuali sono eterologhi, essendo diseguali i due componenti della coppia: il cromosoma X è più grande e porta i geni responsabili di molti tratti ereditari, come pure della determinazione del sesso; il cromosoma Y è invece più piccolo, di forma diversa, ed è portatore principalmente dei geni coinvolti nella determinazione del sesso maschile.

Già questi primi elementari concetti ci possono suggerire alcune riflessioni. Nella femmina i 46 cromosomi, o meglio le 23 coppie, sono omologhe, con i componenti di ogni coppia uguali per forma, dimensioni, e per quanto riguarda i loci genici. Nel maschio invece, come già detto prima, questo non avviene: è come se nel maschio si avesse una sorta di deviazione, alla quale non sapremmo certo dare un carattere qualitativo, con l’inserimento di un elemento nuovo, la cui fondamentale funzione sembrerebbe essere proprio la determinazione del sesso maschile. Questo “nuovo” e differente cromosoma non aggiunge cioè molto nello sviluppo dell’individuo per quanto riguarda i caratteri ereditari somatici; non rende in altre parole l’individuo più o meno alto, robusto o intelligente, ma finisce per determinarne in maniera assoluta ed inequivocabile l’identità sessuale. Quasi come se, su di uno sfondo di simmetria, regolarità ed armonia, caratteristico in qualche modo del femminile, intervenisse un cambiamento, si verificasse una asimmetria, inevitabile e necessaria nel determinare la differenza fra i sessi.

Va poi ricordato come, durante le prime settimane della vita embrionaria, non sia chiaramente evidenziabile una differenziazione sessuale, e come, a partire da questo stato non ancora differenziato, meno appariscenti e meno drammatici saranno i cambiamenti dell’anatomia se lo sviluppo avverrà in senso femminile; la rottura, la deviazione ed il mutamento più palesi, almeno esteriormente, si avranno con la evoluzione verso il maschio.

Anche da questo punto di vista potremmo forse considerare la donna come il risultato di un percorso più lineare e regolare, diremmo più “naturale”, mentre il maschio risulterebbe frutto di una necessaria irregolarità, di una indispensabile deviazione. Curiosamente, in alcune specie inferiori ( Pesci – Mollienisia, Lebistes, Dermogenys – ed Insetti ), oltre alla riproduzione per partenogenesi, ossia senza l’intervento del gamete maschile, esiste anche la possibilità, in condizioni di estrema necessità, che una femmina assuma sembianze e ruolo del maschio, anche per quanto riguarda la funzione riproduttiva, mentre non è possibile il passaggio inverso, ovvero il mutamento da maschio a femmina.

Un poco più delicata sembra essere  la definizione di maschile e femminile nella tradizione Taoista: la composizione Yin/Yang del mondo e della razza umana implica delle norme, delle leggi naturali; tra queste il fatto che due elementi complementari, anche se apparentemente opposti, come maschio e femmina, non possano mai essere presi in considerazione separatamente, ma sempre l’uno in relazione all’altro. Femmina e Maschio, come Yin e Yang, non possono esistere di per sé, perlomeno nel mondo così come lo conosciamo, ma debbono manifestarsi unicamente nella reciproca dinamica influenza: uno degli elementi della coppia è definito cioè unicamente dalla contemporanea presenza del suo opposto/complementare, ed il senso della coppia sta unicamente nell’equilibrio armonico dei due.

Premesso questo, si hanno comunque,  nei testi classici, una distinzione ed una diversa attribuzione di finalità e funzioni all’uomo ed alla donna: tutti sono a conoscenza della descrizione, presente nel I° capitolo del So Wen, dei cicli che reggono, di 7 anni in 7 anni per la femmina, e di 8 in 8 per quanto concerne il maschio, la crescita, lo sviluppo, la naturale fecondità e la riproduzione nella specie umana. Va altresì sottolineato come il testo rimandi costantemente al continuo incrocio Yin/Yang, uomo/donna, ed alle sue manifestazioni, nella evoluzione fisica di ogni essere umano. Il numero 7 esprime, nel Libro dei Mutamenti, ed in genere nella tradizione cinese, la vitalità dello Yang, lo sprizzo dello Yang: è il Giovane Yang, lo Shao Yang. Quando la donna, maggiormente legata allo Yin, raggiunge il numero 7, lo Yang sale in potenza e può operare in seno allo Yin: qualcosa della congiunzione sessuale Yin/Yang si rivela allora nella donna stessa, ed ogni 7 anni appare così in lei una nuova tappa della fecondità. Nell’uomo, invece, i gradini successivi dello sviluppo fisico e sessuale sono scanditi dal numero 8; quest’ultimo  nel Libro dei Mutamenti, è l’espressione dell’occupazione fisica di un territorio, della sua presa di possesso; è il numero del Giovane Yin. Il giovane uomo che raggiunge l’età di 8 anni avverte per la prima volta in sé la rivelazione dello Yin, che si manifesta anche nella sempre maggior pesantezza del suo apparato genitale che si costituisce e discende; di 8 anni in 8 anni, continuerà ad incrociare nuove manifestazioni di questa materialità dello Yin, che scandiranno il suo sviluppo fisico e sessuale. Quando questa capacità di incrocio, e quando questa virtù dell’incrocio verranno meno, Yin e Yang si distanzieranno sempre di più: l’essere umano perderà la propria capacità riproduttiva, e si avvierà verso il declino fisico cui, in ultimo, seguirà la morte: 8 volte 8 anni per l’uomo, e 7 volte 7 anni per la donna, sono quindi il limite posto alla capacità riproduttiva della nostra specie.

Sempre nel So Wen, al capitolo V°, viene detto: “…il Cielo/Terra è l’alto e il basso per i diecimila esseri, e lo Yin/Yang è maschio e femmina per il sangue e i soffi…”. Come Cielo e Terra indicano un asse verticale per gli esseri umani che aspirano all’alto e sono radicati nel basso, così una particolare regolazione, una bilanciata miscela di sangue e soffi, esprimono le caratteristiche sessuali di ogni individuo; una precisa reciproca modulazione di Yin e Yang, di Xue e Qi, determina cioè il sesso di ogni essere umano.

Vediamo quindi, all’interno di questa indivisibile dinamica, all’interno di quest’intima compenetrazione di Yin e Yang in ogni individuo, di identificare caratteristiche peculiari più facilmente ed immediatamente attribuibili al maschile ed al femminile.

Nell’uomo, già ad una prima osservazione delle caratteristiche anatomiche, potremo trovare alcuni spunti interessanti: una massa muscolare maggiore e con capacità di prestazioni, in termini di forza, velocità e resistenza, maggiori; uno sviluppo esterno degli organi sessuali con la possibilità del pene di innalzarsi, di erigersi, per permettere il rapporto sessuale. Sono caratteristiche che immediatamente ci fanno pensare all’elemento Legno, ad uno Yang mobile, potente, crescente, ad una forza che tenda a rivolgersi verso l’alto e l’esterno. Una maggiore forza muscolare, ed insieme la visibilità della potenza sessuale, sono risonanze molto evidenti del Legno Yang: anche nel lessico anatomico occidentale, come d’altra parte nel linguaggio comune, una delle possibili denominazioni dell’organo sessuale maschile, cioè “verga”, ci suggerisce questo peculiare aspetto.

Se prendiamo poi in considerazione le caratteristiche comportamentali del maschio, sia negli aspetti individuali che in quelli storico – sociali, ancora troviamo rimandi al Legno Yang: l’uomo ha il compito, abitualmente, di utilizzare le proprie energie in attività rivolte all’esterno, e molti dei suoi sforzi tendono al “fuori”: il maschio lavora per lo più fuori casa, al di fuori della famiglia, esprime la propria tensione “Legno” nello sport e nella tradizione militare, è abitualmente (o “deve” essere) più rumoroso ed estroverso, è tradizionalmente più aggressivo, va in collera, ma a lui sono demandate protezione e difesa del nucleo familiare ed anche della comunità cui appartiene. Possono forse essere questi luoghi comuni, ma non privi di una consistente base di verità.

Tutto quanto detto fin qui ci rimanda dunque ad una sorta di “aggressività” in tutte le accezioni, positive e negative, di questo termine: aggressività che è tipica e propria del maschile e del Legno Yang.

Proviamo ora però a focalizzare la nostra attenzione sulla donna: osserveremo un corpo meno muscoloso, l’evidenza delle mammelle e la non evidenza degli organi riproduttivi, celati invece nella profondità dell’addome. Anche uno sguardo superficiale ci suggerisce di trovarci in presenza di un essere la cui funzione, in termini strettamente naturali, sia accogliere, ricevere per far crescere, ed insieme poter nutrire; un essere cioè, maggiormente legato allo Yin, specie nei suoi aspetti Terra ed Acqua. La presenza del ciclo mestruale, ed il suo legame con il mese lunare sottolineano ulteriormente questa risonanza notturna ed oscura, in qualche modo misteriosa, dello Yin nella femmina; inutile ricordare poi come, sia nella tradizione Cinese che in molte altre culture tradizionali, dalla donna ci si aspettino attività molto concrete e fondamentali, ma anche un poco nascoste e dimesse rispetto a quelle maschili: la femmina convenzionalmente è deputata a nutrire i componenti della famiglia, a crescere ed educare i figli, è responsabile del buon andamento della casa, è la base sulla quale poggia, e dalla quale prende forza, la famiglia stessa: per “prendere forza” intendiamo sia il concetto molto materiale dell’essere alimentati, del ricevere cioè qualcosa di indispensabile per vivere sani, sia il poter contare su di un punto di appoggio solido ed affidabile. Concetti forse ancora una volta banali, ma presenti con forza nel ragionare più comune ed istintivo, e nei quali forti percepiamo le risonanze della concretezza e della capacità di accoglienza dello Yin/Acqua, come anche della capacità di nutrire e far crescere dello Yin/Terra.

Pur essendo in qualche modo sottomessa e defilata rispetto al maschio, nella società della Cina tradizionale, la donna godeva di grande importanza e considerazione tra i Taoisti, in quanto, grazie all’immenso privilegio di poter essere madre, si riteneva potesse riuscire prima e meglio dell’uomo nella realizzazione dell’Opera Alchemica: un punto di vista che privilegerebbe cioè la fisiologia femminile, la considererebbe più adatta, in qualche modo più completa, perlomeno per quanto concerne la vicinanza con il trascendente, con l’essenza e con l’immortalità.

Cosa potremmo dire in conclusione? Potremmo forse esprimerci in questo modo: nella diversa proporzione di sangue e soffi che determina ogni individuo, anche nel proprio sesso, vi è nell’uomo una preponderanza di elementi Yang e Legno che ne caratterizza anatomia, fisiologia e, grossolanamente, tratti psicologici, mentre nella donna prevalgono elementi Yin ed Acqua/Terra. E’ impensabile però che dalla mescolanza di sangue e soffi della medesima natura derivino due esseri in tutto e per tutto distinti: inevitabilmente ritroveremo nel maschio caratteristiche femminili e viceversa: sembrerebbe addirittura esservi, come dicevamo in precedenza, una sorta di radice comune a tutti gli esseri umani forse maggiormente vicina alla densità dello Yin. La difficoltà maggiore sta tutta nel precisare natura e modalità di espressione di questa stessa radice; vedremo nei successivi paragrafi se saremo in grado di farlo.

 

La “prevalenza” del Femminile 

Nel VI° capitolo del Tao Te King si dice:

“Lo spirito della valle vive eterno

ha nome Femmina Misteriosa

nella Femmina Misteriosa vi è una fessura

e ne escono Cielo e Terra.”

Il mistero, l’indistinto che precede la differenziazione e la distinzione di Cielo e Terra, e di Yin e Yang, viene definito al femminile: la vitalità, la potenzialità dell’esistenza nel mondo che conosciamo, hanno loro radice ed origine in un oscuro nucleo che è donna, in una sorta di Grande Madre che partorisce il mondo reale e gli esseri che lo popolano. Tutte le potenzialità dell’esistenza, e tutte le possibilità di vita stanno in un grembo femminile che precede l’universo della dualità, l’universo dello Yin/Yang. Meglio si potrebbe dire forse in questo modo: la Femmina Misteriosa dà alla luce Cielo e Terra grazie alla propria possibilità di distinguersi in Cielo e Terra; entrambi li contiene, ed entrambi da essa si dipartono, nel mantenere però in essa la loro radice.

E questa radice non è un padre, non è un maschio fecondatore, ma è una oscura, misteriosa, accogliente  e nutriente Madre.

Rivolgiamo ora la nostra attenzione al simbolo fondamentale e riassuntivo di tutta la filosofia Taoista, il Tai Ji: tutti conosciamo quali erano le precise indicazioni per la sua materiale costruzione. I maestri pittori Taoisti, dopo aver ricavato un disco dalla sezione del tronco di un albero sacro, iniziavano la loro opera dipingendo il disco stesso completamente di nero: il nero, l’oscuro, l’indistinto.

Partendo dal punto più basso di questo disco nero, il pittore iniziava a costruire, a far sorgere, in rosso, l’immagine di uno Yang che cresce, arriva al suo culmine, per poi diminuire: la radice dello Yang è dunque nella profondità, nell’intimo diremmo, dello Yin; d’altra parte lo Yin che sottostà ed è base dello Yang, si definisce e si distingue solo grazie alla presenza ed al movimento di quest’ultimo.

Ma c’è di più: il pittore deve posizionare, nel massimo dello Yang, ovvero nella parte più ampia del colore rosso, un punto nero, ovvero un elemento Yin che mantenga un equilibrio armonico tra le parti; viceversa, deve indicare un punto Yang, rosso nel massimo dello Yin, del nero.   Questo viene fatto in modo diverso per le due parti: nel massimo dello Yang il pittore lascia affiorare il punto nero, non completando la copertura di quest’area con il colore rosso: il nero si mostra allora nella profondità del rosso, da tale profondità in qualche modo emerge. Nel massimo dello Yin, invece, il pittore dipinge un punto rosso, ossia lo sovrappone, lo aggiunge alla parte nera. Un sottofondo Yin, una base, una radice Yin sembra cioè sostenere tutto il Tai Ji, anche se possiamo distinguere questa radice solo in virtù della presenza e dell’azione dello Yang. E’ possibile, forse, che questa sorta di base più oscura e profonda, questo Yin primigenio, sia in qualche misura paragonabile alla Femmina Misteriosa del Tao Te King, o meglio che una certa analogia, una certa risonanza tra le due situazioni sia presente e significativa; due modi diversi per ribadire un medesimo concetto: il mondo può esistere solo nell’armonico dualismo dello Yin/Yang, ma la radice di questa dinamica nasce nell’oscurità e nel mistero di un indifferenziato che è molto più vicino e somigliante al femminile, allo Yin in buona misura. E’ un elemento presente, d’altra parte, in diverse altre culture tradizionali, quello di una Grande Madre che sia all’origine dell’esistenza.

Vediamo quali riflessioni sono possibili a questo punto; va chiarito innanzitutto questo concetto: dare una sorta di prevalenza, attribuire una sorta di primigenicità al femminile non significa affatto stabilire un ordine gerarchico: il principio femminile da solo resterebbe oscuro e misterioso, sostanzialmente non conoscibile, e la vita è possibile solo grazie al dinamismo tra principi maschile e femminile. Eppure il fatto che la componente più profonda e solida del mondo abbia una connotazione, un’impronta più Yin e femminile, ci può aiutare a meglio comprendere come nell’essere umano, il quale simbolicamente rappresenta e riassume le energie ed i movimenti del mondo stesso, si possa ritrovare una simile condizione. Come dicevamo prima, l’essere umano nasce “al femminile”: una deviazione, un necessario discostarsi da questa primitiva condizione lo porterà a differenziarsi come maschio, mentre il rimanere aderente e lineare rispetto alla propria originaria situazione, il mantenere un continuum ininterrotto con la propria radice lo porterà a completare la propria crescita come donna. Potremmo in questo senso azzardare un’ipotesi: che il vero androgino, poiché racchiude in sé questa duplice possibilità di evoluzione sia in fondo la femmina; nella sua anatomia è d’altra parte chiaramente presente una chiara rappresentazione di questa potenzialità. Il maschio, ovviamente necessario e di pari importanza sul piano gerarchico o qualitativo, costituisce una ulteriore diversa evoluzione che origina dalla radice comune dell’essere umano; finisce per perdere qualcosa delle proprie potenzialità per acquisire, o meglio perfezionare alcune, forse nuove, specializzazioni.

Potremmo spingerci oltre: potremmo arrivare a dire che un profondo, intimo e spesso nascosto nucleo femminile sia contenuto in tutti gli esseri umani, donne e uomini; nelle prime però il legame con questo nucleo risulterebbe più immediato e naturale, in qualche maniera automatico. Nell’uomo, invece, più frequente potrebbe essere una sorta di perdita di memoria, un dimenticare la propria radice, la base cioè dalla quale ha preso origine e slancio, per considerare solo le proprie qualità più tipiche e caratteristiche, vale a dire, come più volte sottolineato, quelle più Yang e “Legnose”.

 

Il femminile nell’uomo

Ricercare il femminile nell’uomo ha un po’ lo stesso significato del ricercare la radice in un albero: una  parte invisibile, misteriosa e non immediatamente conoscibile, ma essenziale ed imprescindibile se vogliamo valutare la salute, la crescita, ed infine la bellezza dell’albero stesso.

Dove si nasconde questa radice nell’uomo? Non certo in una precisa struttura anatomica, quanto piuttosto in alcuni movimenti e strutture energetiche la cui risonanza non può non essere presente in entrambi i sessi. Nella donna queste energie si vengono a concretizzare in una forma solida, in un vero e proprio organo; il loro ricordo dovrà però inevitabilmente albergare anche nel maschio. E quale parte anatomica rappresenta e raccoglie in sé le caratteristiche femminili dell’accoglienza e della protezione, del nutrire e del far crescere, meglio dell’utero? L’utero, il Bao, il Nu Zi Bao, l’involucro cioè nel quale una donna cresce il proprio bambino è per eccellenza luogo di creazione, nel quale qualcosa di nuovo si forma a partire da elementi preesistenti diversi: nelle tube uterine infatti i due gameti si fondono in una sola cellula, la quale contiene in sé tutte le potenzialità di un nuovo essere. In questo involucro della vita una donna accoglie e preserva quindi una nuova vita, ed insieme alla possibilità di far crescere una vita, o forse proprio grazie a questa possibilità, custodisce qui la radice più intima della sua stessa esistenza: nutre cioè nell’utero, e qui fa crescere, una nuova vita oltre alla propria. In questo organo, potremmo dire, si vengono ad originare le nuove creature ( e le nuove creazioni ) in termini fisici e concreti ma anche in termini energetici e diremmo addirittura spirituali, proprio perché qui hanno sede le forze più solide e originali della nostra specie.

Nell’essere umano possiamo identificare due luoghi privilegiati di creazione e di origine del nuovo: utero, come già detto, e cervello; le radici delle creazioni dell’Uomo stanno nel primo e da lì traggono nutrimento, mentre l’espressione, l’esteriorizzazione ultime si hanno nel secondo: le opere di creazione si realizzano cioè su di una sorta di asse che corre tra una parte materica e Terrestre ed una più sottile e Celeste. Senza il substrato profondo, denso ed oscuro, senza l’alimento che può far crescere sana una idea, un principio, una iniziativa, il frutto prodotto, se infine vi è un frutto, non è né salutare né nutriente. Ci si deve, in altre parole, costantemente immergere in questa materia umida e feconda, per nutrire con le energie lì contenute gli alimenti che in altri luoghi assumeranno forma più visibile e si manifesteranno all’esterno in forma di progetti, iniziative ed anche, più semplicemente, in atteggiamenti e modi di essere. Solo in questo costante immergersi nella propria matrice femminile, nel penetrarla per assorbirne le energie più dense e profonde, potremo trovare, uomini e donne, l’alimento che nutra e fortifichi ogni nuova creazione, e la renda resistente ed armonica nel suo sviluppo.

Vediamo a questo punto di riordinare le idee: il particolare interesse che la tradizione Taoista accorda alla donna ed alla fisiologia femminile sembrerebbe derivare da una maggiore vicinanza della donna stessa ad una radice concreta e Terrestre comune, in realtà, al genere umano tutto; questa maggiore intimità femminile con un tale nucleo di vita si esprimerebbe nel privilegio di poter accogliere e nutrire una nuova creatura, e troverebbe concretizzazione e simbolo nella presenza fisica dell’utero, del Bao. Si tratterebe d’altro canto di una condizione che potrebbe rendere più facile ed immediato il  raggiungimento di nuove forme di consapevolezza e pratica spirituale quali ad esempio quelle che la tradizione Taoista riassume nelle pratiche alchemiche volte alla generazione dell’embrione di lunga vita. Nella donna sembrerebbe cioè più naturale e radicata l’intima coscienza di un “luogo” nascosto nelle profondità della Terra, sul quale i processi di creazione e crescita, sia fisica che emotiva che spirituale, poggiano la loro base, e dal quale traggono spinta e forza.

Ora, questa materia umida e terrestre, questo Yin Terrestre dal quale trae alimento lo Yang Celeste, non può non essere presente e vivo in ogni singolo individuo, sia maschio che femmina; è ovvio che nel maschio non avrà concretizzazione e simbolo paragonabile all’organo utero della donna, ma sarà inevitabile anche nell’uomo una “funzione” utero, paragonabile ad altre funzioni dell’essere vivente, come ad esempio il Triplice Riscaldatore o Ming Men, che non hanno immediata automatica rappresentazione in un organo o viscere.

Eppure nell’uomo, nel sesso maschile, sembra esserci ben poca coscienza di questo: il maschio, come abbiamo più volte detto, molto spesso è così compreso ed affaccendato nelle proprie espressioni esterne, vale a dire nel portare a compimento all’esterno le proprie caratteristiche e capacità di Legno e di Yang, da non ricordarsi più della presenza in sé di una radice Yin, legata ad Acqua e Terra. Recuperare la potenza di questa radice sarà un percorso fruttifero e ricco: non si tratterà certo di abdicare alla propria mascolinità, assumendo atteggiamenti e funzioni più tipicamente femminili, ma di rendersi piuttosto complementare alla donna nel tentativo di realizzare “da uomo” anche le istanze della propria componente femminile.

Il Legno, in altre parole, dovrà rimanere Legno, continuando a proteggere, ad operare all’esterno, a dare la via: per fare questo in modo compiuto e sano dovrà avere però un punto di appoggio, una base, ed una fonte di nutrimento nella propria anima femminile: un’anima piccola e dimenticata, ma densa delle energie inconsce che sole alimentano a sufficienza la vita e la crescita dell’uomo.

Il  Legno deve rimanere Legno, ma deve avere le proprie radici nell’umidità della Terra, ossia nutrirsi di Terra ed Acqua; soltanto così l’uomo potrà avvicinarsi a compiere il proprio cammino di essere umano: potrà risalire verso la fonte originaria delle proprie energie, e lì trovare quanto gli è necessario per nutrire e far crescere, sia i rapporti con le persone ed il mondo che lo circondano, sia soprattutto la propria stessa persona, fisica e spirituale. Se l’albero sarà solido e  ben nutrito, il Legno potrà fiorire e dare frutto, oltre che essere bastone; viceversa, un albero con fragili radici, sarebbe in balia del vento, della pioggia e delle tempesta, e destinato a crescere a stento e contorto.

 

BIBLIOGRAFIA

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2 Luglio 2020
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